lunedì 25 novembre 2013

FARE PULIZIA DI TUTTO IL LETAME DOVE SI TROVA


  • Cari amici,
    la storia che state per leggere é realmente accaduta al Maresciallo dei Carabinieri, Antonio Cautillo.

    Il Maresciallo Cautillo, ha osato denunciare alcuni suoi colleghi, ha osato rivelare gli abusi ed i soprusi che quotidianamente i suoi colleghi commettevano.

    Il Maresciallo Cautillo, ha superato quell'omertà che accompagna la vita di questi individui.

    Questa storia ha inizio nel 1990, quando il maresciallo Antonio Cautillo denuncia dei reati commessi da alcuni suoi commilitoni. «Venni più e più volte minacciato: "sarai distrutto", "ti farò perdere il posto di lavoro", "ti auguro che ti levino lo stipendio e ti sospendano dal servizio"». Subito dopo arriva l'emarginazione, il mobbing.

    «Denunciare reati è sempre stato il mio compito. L'ho svolto senza compromessi, per questo ero inviso alla gerarchia. Per una delle inchieste da me curate un superiore fu indagato per omissioni di atti d'ufficio ed altro. Era molto ben valutato dalla gerarchia. Ma dovette dimettersi».

    Cautillo viene sottoposto ad oltre cinquanta procedimenti disciplinari. Subisce trasferimenti coatti, punizioni, umiliazioni continue. E viene continuamente denunciato per ipotetiche mancanze durante il servizio.

    Nel novembre del 2012 supera indenne il settimo processo bis a suo carico davanti alla Corte Militare D'appello di Roma. Denunciato per «insubordinazione aggravata con violenza, minaccia ed ingiurie continuate». La Corte ha stabilito che non doveva essere processato rivalutando la querela per calunnia che il maresciallo aveva sporto.

    Ma è solo l'ultimo episodio di una persecuzione giudiziaria cominciata nel 1997 e che lo ha visto sempre assolto. Di volta in volta è stato denunciato per i reati più strampalati: disobbedienza aggravata e continuata, insubordinazione con ingiuria, abuso d'ufficio, falsità ideologica, diffamazione. Il maresciallo ha dovuto affrontare dodici processi penali, una cinquantina di procedimenti disciplinari di corpo, punizioni, minacce, giudizi caratteristici offensivi, sei trasferimenti coatti e da ingiurie, e persino da un procedimento disciplinare di Stato. Per difendersi ha dovuto presentare dodici ricorsi al Tar, diciassette querele, trentuno istanze al ministro della Giustizia e ventisei istanze al ministro della Difesa. Le angherie da lui subite sono finite in Parlamento con nove interrogazioni presentate da deputati e senatori.

    «Difendermi da tutto questo è diventato il mio lavoro. Ho denunciato ogni singolo provvedimento, emesso dai miei superiori, nel tentativo di veder tutelata la mia dignità. Viviamo in uno strano Paese: un generale dei Carabinieri viene condannato a quattordici anni di carcere ed interdizione perpetua dai pubblici uffici ed in dieci anni di processi ha continuato tranquillamente a dirigere il Ros di tutta Italia, comandando i poveri sottoposti. Un maresciallo di certificata onestà si rivolge alle istituzioni e non ottiene riposte. Pare che l'onestà stia diventando un disvalore. Mi sento un uomo in balia dello Stato».

    Cautillo si rivolge allora ministro della Giustizia Paola Severino. Senza mai ottenere risposta. Si rivolge anche al ministro della Difesa Mario Mauro. Sempre, senza ottenere risposta.

    Ricordatevi che l'omertà per paura del vedere o sapere, COMPRA IL SILENZIO che a sua volta diventa d'oro.

    Andrea Mavilla.

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